Superamento, a seguito del contratto definitivo che non lo recepisce, di un patto di prelazione per appalti di opere edili strettamente riferito al preliminare di vendita dell’area oggetto di successivi interventi da parte dell’acquirente

Superamento, a seguito del contratto definitivo che non lo recepisce, di un patto di prelazione per appalti di opere edili strettamente riferito al preliminare di vendita dell’area oggetto di successivi interventi da parte dell’acquirente

Parere del settembre 2014

Superamento, a seguito del contratto definitivo che non lo recepisce, di un patto di prelazione per appalti di opere edili strettamente riferito al preliminare di vendita dell’area oggetto di successivi interventi da parte dell’acquirente

 

1.1 La scrittura privata cui ci si riferisce, tra impresa edile promittente venditrice e società commerciale promissaria acquirente (futura appaltatrice) nella sua prima premessa fa esplicito riferimento al preliminare di vendita tra le stesse parti. Nella seconda e terza premessa essa richiama poi l’intenzione della parte promissaria di realizzare sull’immobile in oggetto “una serie di opere”. Tali premesse hanno chiaramente il significato di indicare la comune concreta finalità economico-sociale delle parti, ossia la causa giuridica in concreto del patto di prelazione ivi espresso in ordine ai futuri appalti delle opere successive, causa senza della quale il patto medesimo sarebbe privo di una giustificazione pratica e logica e quindi nullo ex art. 1418, c. 2, C.C.. Questo dimostra che il richiamato preliminare e la scrittura privata contenente il patto di prelazione sono stati frutto di un’unica contrattazione, ossia di un unitario e composito incontro di volontà, sicché può concludersi che la pattuita prelazione convenzionale deve ritenersi parte o frammento del preliminare ed in questo compenetrata. Al limite, si potrà e dovrà parlare di contratti collegati, con la conseguente applicazione in ogni caso del noto principio “simul stabunt simul cadent”.

1.2 Nel successivo contratto definitivo nulla è però detto in ordine al precedente patto di prelazione per il quale ora (pretestuosamente) si chiede ex adverso il risarcimento del danno per asserita mancata denuntiatio.

1.3 In proposito si ricorda che la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza 5-6-2012 n. 9063 (in Corr.giur. 2013, 218), seguendo un indirizzo ormai consolidato ha sancito che, “qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. La presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova … di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l’adempimento di detto distinto accordo”. Questa sentenza è annotata da A.Carrato (in loc.cit., p. 220) il quale ricorda che la giurisprudenza assolutamente dominante proclama la regola dell’assorbimento del preliminare nel contratto definitivo in quanto in quest’ultimo vanno individuate due cause, quella solutoria di adempimento del preliminare e l’altra negoziale che si correla all’inquadramento del definitivo come atto di autonomia contrattuale, idoneo a determinare tutti gli effetti giuridici in esso contemplati (si vedano, ad es.: Cass. 29-11-1994 n. 10210; 18-4-02 n. 5635; 25-2-03 n. 2824; 28-5-2003 n. 8515, in Giust.civ. 04, I, 157; 10-1-07 n. 233, in Nuova giur.civ.comm. 07, I, 1073; Cass. 11-7-07 n. 15585). Detto Autore conclude affermando (ivi a pag. 223) che, qualora al contratto preliminare sia seguita la stipula del definitivo, “quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina … configura un nuovo accordo intervenuto tra le parti e si presume sia l’unica regolamentazione del rapporto da esse voluta”. Si impone pertanto anche qui l’applicazione del principio secondo il quale “le disposizioni contenute nel contratto preliminare restano superate da quelle previste nel definitivo, determinando il preliminare il mero obbligo reciproco per le parti della stipulazione del successivo negozio, salvo diverso espresso accordo dei contraenti” (Cass. 30/4/2013 n. 10209, in I contratti, 10/2013, p. 869 con nota; nello stesso senso, oltre a quelle già cit.: Cass. 22/9/2011 n. 19358, Riv. not. 2012, 118; 9/7/1999 n. 7206; 29/4/1998 n. 4354; 7/7/1994 n. 6402).

1.4 L’applicabilità nel caso in esame delle riportate incontestabili e perentorie affermazioni della Suprema Corte, richiamate pure nella recentissima sentenza 30/4/2014 n. 9504 (di cui infra), si deduce dal fatto, già evidenziato, che pur trattandosi di due scritture separate, quella invocata ex adverso è funzionalmente parte integrante del preliminare ivi richiamato, per cui la caducazione o il superamento di questo ha comportato automaticamente la caducazione o il superamento del patto di prelazione che è stato stipulato proprio nell’ambito dell’economia negoziale del preliminare poi oltrepassato per volontà assorbente delle stesse parti. Secondo la migliore dottrina, la causa del patto di prelazione resta sempre assorbita in quella del tipo contrattuale che la fa nascere (sicché è variabile). Quindi l’obbligazione di preferire l’attrice ai possibili appaltatori delle opere ipotizzate, derivava nel caso in esame la sua ragione e la sua validità ed efficacia dall’obbligazione principale di vendere e di acquistare. Esisteva cioè un nesso inscindibile tra tale obbligazione ed il dovere di offrire gli appalti delle opere alla Tecnoedil, stante appunto la palese e palesata natura accessoria e non autonoma della scrittura privata del 24/5/07 de qua. Questa infatti non sarebbe stata sottoscritta né efficace, anzi sarebbe stata senza una sua giustificazione logica e quindi addirittura nulla se non fosse stata compenetrata nella promessa di compravendita immobiliare, cui espressamente e solo per tale ragione si è riferita. Il collegamento logico, anzi sostanziale è qui incontestabile ed è dato, lo si ripete, dalla circostanza per cui la prelazione convenzionale (gratuita) non avrebbe trovato alcuna ragione d’essere senza la compravendita dell’area promessa. Se il patto di prelazione fosse stato autonomo, non avrebbe richiamato il preliminare, ma allora sarebbe stato privo di una contropartita, cioè di una causa concreta, mentre invece è evidente che si reggeva solo in quanto appoggiato sulla promessa di vendita quale integrazione del prezzo di questa.

In argomento (v. M. Giorgianni, Negozi giuridici collegati, in Scritti minori, 1988, 72 e ss.) valorizzando l’elemento soggettivo afferma che il disegno specifico dei contraenti, diretto allo scopo pratico delle parti, è desumibile “dalle circostanze di contorno che accompagnano la genesi negoziale, come pure dal particolare atteggiamento dei soggetti o da particolari clausole che non si potrebbero altrimenti spiegare”. In proposito giova inoltre richiamare il moderno concetto di causa del contratto quale funzione pratica, economico individuale e concreta, che approda alla categoria della cosiddetta operazione economica, con la quale si esprime ed evidenzia l’autonomia privata come capacità di autoregolamentazione degli interessi delle parti (V. E. Gabrielli, Il contratto e l’operazione economica, in Riv.dir.civ. 2003, I, 93; id. L’operazione economica nella teoria del contratto, in Riv. trim.dir.proc.civ. 2009, 3, 905).

Nel caso in esame si potrebbe anche sostenere che si tratta non di un collegamento volontario, bensì di un collegamento necessario, essendosi in presenza di un contratto principale e di un altro contratto derivato o secondario, ovvero accessorio, sul quale comunque ricadono gli effetti risolutivi del primo (v. A. Rappazzo, I contratti collegati, Giuffrè 1998, p. 27). Senza la promessa di vendita, non solo le parti non avrebbero voluto il patto di prelazione, ma questo non sarebbe stato giuridicamente possibile in difetto una sua causa pratica e specifica (v. G. Schizzerotto, Il collegamento negoziale, Giuffrè 1983, pag. 95, che in tema parla di “rapporto di dipendenza inteso in senso lato”).

Infine si segnala che Cass. 11/9/14 n. 19161 richiede per il collegamento tra negozi un requisito oggettivo, costituito da un nesso teleologico tra gli stessi, ed un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico del singolo negozio, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine che ne trascende gli effetti tipici ed assume rilevanza causale.

1.5 Ininterrottamente da oltre sessant’anni, la Corte di Cassazione afferma che le regole della invalidità, inefficacia, della risoluzione del recesso ecc. si applicano anche alla fattispecie del collegamento fra più contratti. Si tratta certamente di un jus receptum che si basa sulla considerazione della unità funzionale dell’operazione economica concepita ed attuata dai contraenti (V. ad es. Cass. 21/6/1955 n. 1912; 26/9/1977 n. 4081; 4/12/1995 n. 12487, in Giur.it., 1996, I, 722).

Chi scrive ritiene inoltre applicabile nel caso di specie quanto si legge in Il contratto di G. De Nova, in Trattato di dir. Civile, diretto da R. Sacco, Torino 1993, a pag. 468, a proposito di contratto unico o di contratto atipico, costituito dall’insieme di singoli contratti o frammenti concepiti assieme per realizzare l’operazione economica finale. Quindi, allorché viene a cadere o viene superato oppure sostituito o rinnovato il rapporto unitario, il singolo contratto o frammento cessa di avere una sua ragione d’essere e perde la sua efficacia. In altre parole, venuto meno il disegno complessivo, appunto perché superato da un negozio che lo ha rimpiazzato in forza di una nuova ed autonoma causa giuridica, non ha più efficacia il singolo frammento che era soltanto strumentale al conseguimento del risultato economico definitivo perseguito e poi concretizzato ex novo dalle parti. L’originaria catena contrattuale col definitivo si scioglie.

In tema R. Scognamiglio (in Enc.del diritto, vol. VII, Giuffrè, voce: Collegamento negoziale) parla di “contenuto implicito del contratto”. Poiché nel nostro caso il diritto di prelazione è stato pattuito nell’economia dell’affare (cioè della vendita), è evidente che la stipula del definitivo, ove la prelazione non è stata più ripetuta né fatta salva, neppure a latere, ha superato non solo il preliminare ma anche la scrittura aggiuntiva strettamente ad esso connessa. La logica ed il dovuto rigore costantemente insegnati dalla Suprema Corte (v. sopra al n. 1.3), costringono a ritenere nella specie pattiziamente caducato il patto di prelazione, ossia privo di efficacia a partire dalla data del contratto di compravendita. Vale pertanto il già richiamato brocardo “simul stabunt simul cadent”.

1.6 La recente pronuncia della Cassazione 30/4/2014 n. 9504 proprio in tema di superamento del contenuto della pattuizione preliminare ad opera del contratto definitivo (di cui già a Cass. n. 9063/2012), afferma espressamente la rilevabilità d’ufficio del superamento medesimo, in relazione al disposto dell’art. 112 c.p.c.. In tale ipotesi, invero, il fatto impeditivo della pretesa di una parte è strutturato non come eccezione in senso stretto, bensì come difetto di efficacia in sé (cioè di diritto) del negozio posto a base della domanda. In detta pronuncia n. 9504/14, al punto 2, si legge: “Le eccezioni in senso stretto, non rilevabili d’ufficio, sono solo quelle nelle quali la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva, ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedono come indispensabile l’iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d’ufficio dei fatti motivativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito (Cass. n. 409 del 13/01/12)”. Ivi poi, con riferimento appunto al superamento di cui si è detto, si aggiunge: “Né tale rilievo, attinente ad un’eccezione in senso lato, è subordinato ai limiti temporali di allegazione e di prova, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ”ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (Cass. SS.UU. n. 10531/2013)”.

Avv. Giuseppe Onofri

(settembre 2014)