Regime fiscale di cessione ad un Comune in sede di convenzione urbanistica di un impianto sportivo di proprietà privata; in particolare nel caso di impianto non di quartiere

Appunti interni del luglio 2014

Regime fiscale di cessione ad un Comune in sede di convenzione urbanistica di un impianto sportivo di proprietà privata; in particolare nel caso di impianto non di quartiere

 

1. Norme di riferimento.

 

Si ritiene anzitutto opportuno, per comodità di chi legge, trascrivere o richiamare in sintesi le seguenti norme che devono essere necessariamente prese in considerazione in ordine al tema.

 

1.1 Art. 20, comma 1, legge 28/1/1977 n. 10 (sull’edificabilità dei suoli)

Ai provvedimenti, alle convenzioni e agli atti d’obbligo previsti dalla presente legge si applica il trattamento tributario di cui all’art.32, secondo comma, del D.P.R. 29-9-1973 n.601”. Quest’ultima norma a sua volta (per la materia dell’edilizia economica e popolare non considerata però dal cit. art.20) prevede che “sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa e sono esenti dalle imposte ipotecarie e catastali … gli atti di cessione a titolo gratuito delle aree a favore dei Comuni o loro Consorzi …”.

1.2 Art. 51 legge 21/11/2000 n. 342

Non è da intendere rilevante ai fini IVA, neppure ai fini delle limitazioni del diritto alla detrazione, la cessione nei confronti dei Comuni di aree o di opere di urbanizzazione, a scomputo di contributi di urbanizzazione o in esecuzione di convenzioni di lottizzazione” (le ipotesi di non rilevanza iva risultano pertanto due: quella di aree e/o opere a scomputo… e quella dell’esecuzione di convenzioni di lottizzazione; tra le prime, ex art. 16, comma 8, del T.U. dell’edilizia n. 380/01, rientrano gli “impianti sportivi di quartiere”, mentre tra le seconde dovrebbe pertanto poter rientrare anche la convenzione urbanistica de qua).

1.3 Art. 10, comma 4, D. Lgs. 14/3/2011 n. 23 (sostitutivo dell’art. 1 della Tariffa della legge di registro).

In relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2 (atti traslativi “a titolo oneroso” di beni immobili in genere) sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali, ad eccezione delle disposizioni di cui all’art. 2, comma 4 bis (per la piccola proprietà contadina) del D.L. 30/12/09 n. 194 …” (la soppressione delle esenzioni e delle agevolazioni riguarda quindi e comunque solamente gli atti “a titolo oneroso”, non pure quelli “gratuiti”).

1.4 Art. 16, comma 8, T.U. Edilizia (D.P.R. n. 380/01).

Questo comma, nell’elencare le opere di urbanizzazione secondaria, ai fini dello scomputo dei relativi oneri, indica in particolare tra le medesime gli “impianti sportivi di quartiere”, escludendo così implicitamente dalle stesse (ma secondo il sottoscritto solo a tali fini) gli impianti sportivi con destinazione più ampia (la giurisprudenza tributaria applica però in tal senso restrittivo la norma).

2. Lettura coordinata ed integrata di dette norme, riferita al caso in esame.

2.1 Sotto il profilo dell’imposta di registro, dal combinato disposto degli artt. 20, c.1, della L.n. 10/1977 e 32, c.2, del D.P.R. n.601/1973 si deduce che alle convenzioni urbanistiche, comunque riconducibili alla legge n.10/1977 e agli “atti di cessione a titolo gratuito a favore dei Comunisi applica l’imposta fissa di registro (ora di euro 200). Inoltre e d’altra parte vale rilevare che la legge di registro n. 131/1986, all’art. 43, c. 1, lettera a), ed all’art. 1 della Tariffa, prevede l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale solo per i trasferimenti di immobili a titolo oneroso, mentre per gli atti a titolo gratuito (diversi dalle donazioni) è applicabile la misura fissa ex art. 11 della cit. Tariffa (se si trattasse – ma non è così – di donazioni, esse sarebbero peraltro esenti perché a favore di Comuni; v. sotto al n. 3.3)

2.2 Per le imposte ipotecarie e catastali si devono invece mettere a confronto (ai fini che qui interessano) i commi 3 e 4 del D.Lgs.vo n.23/11. Il primo di questi prevede infatti che per i trasferimenti immobiliari di cui ai precedenti commi 1 e 2, cioè a titolo oneroso, “tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari, sono esenti dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie”. Poiché questa norma si riferisce solo ai trasferimenti a titolo oneroso e poiché il comma 4 dell’art.10 del D.Lgs.vo n.23/11 (v. al n.1.3) ha soppresso, ma solo per gli atti a titolo oneroso, ogni preesistente esenzione, attualmente vale ancora l’esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali previste dall’art.32 del DPR n.601/1973, richiamato dall’art.20 della L.n. 10/1977 (v. al n.1.1). Al limite, tali imposte potrebbero essere scontate con il versamento ciascuna nella misura fissa di 50 oppure al massimo di 200 euro (alla pari cioè dell’imposta di registro).

2.3 Poiché l’art.20 della L.n. 10/1977 si riferisce alle convenzioni urbanistiche, si deve qui ricordare che risulta consolidato l’indirizzo ministeriale secondo il quale il trattamento tributario de quo è applicabile anche agli atti esecutivi di quanto stabilito in dette convenzioni. L’Amministrazione finanziaria, con le risoluzioni 3-1-1983 n.25066, 16-12-1986 n.220210 e 22-6-2009 n.166/E, ha precisato che “le agevolazioni previste per le convenzioni devono estendersi anche agli atti posti in essere in attuazione degli obblighi assunti nelle predette convenzioni ”. In proposito lo Studio n.49-2006/T del Consiglio Nazionale del Notariato ha affermato che le disposizioni dell’art. 32, comma 2, del D.P.R. n.601/73, si devono ritenere applicabili pure agli atti concernenti l’esecuzione e la cessione ai Comuni di opere di urbanizzazione realizzate a cura e spese dei privati e a questi accollate.

2.4 Per quanto riguarda l’ipotesi di assoggettamento all’IVA, vale il disposto dell’art. 51 della legge n.342/2000 (v. al n.1.2), sicché deve concludersi che il caso di cessioni a favore dei Comuni “di aree o di opere di urbanizzazione, a scomputo di contributi di urbanizzazione o di esecuzione di convenzioni di lottizzazione non è da intendere rilevante ai fini IVA” (in merito si veda pure quanto infra al n.5.2).

3. Natura gratuita della cessione de qua e regime fiscale.

3.1 L’argomento in parola è lucidamente affrontato nello Sudio n. 348-2014/T del Consiglio Nazionale del Notariato (consultabile in internet, via Google) il quale chiarisce anzitutto la “natura gratuita” delle cessioni ai Comuni di aree e di opere di urbanizzazione, in quanto l’ente pubblico cessionario non esegue a sua volta alcuna specifica e determinata prestazione suscettibile di valutazione economica, tantomeno posta su un piano di corrispettività con la cessione. Nei casi in esame le cessioni sono previste come dovute per legge e/o in forza di pregresse convenzioni urbanistiche, in assenza pertanto di un’onerosità negoziale a carico dei Comuni. Si tratta cioè di trasferimenti imposti, quindi non a titolo oneroso per i cessionari e pertanto senza il presupposto di un’onerosità bilaterale fiscalmente rilevante. Sarebbe invero iniquo che trasferimenti aventi una funzione solutoria di un’obbligazione ex lege, nell’ambito di un rapporto di natura pubblicistica tra cedente ed ente cessionario, venissero fatti oggetto di un’ulteriore imposizione, peraltro uguale a quella prevista per i trasferimenti a titolo oneroso.

3.2 Si devono di conseguenza applicare, stante la gratuità della cessione in oggetto, per l’IVA l’art. 51 della L.n. 342/2000 (v. al n. 1.2) e per l’imposta di registro (v. al n. 1.3) la misura fissa, perché quella proporzionale è stabilita soltanto per i contratti a titolo oneroso (art. 43 legge registro e art. 1 della relativa Tariffa).

3.3 In detto studio del CNN si evidenzia poi che, se si ritenesse applicabile in alternativa la disciplina tributaria delle donazioni, le cessioni in parola sarebbero esenti ex art. 3 del T.U. n. 346/90 ed ex artt. 1 e 10 del T.U. n. 347/90 in quanto a favore di enti pubblici. D’altra parte, oggettivamente le medesime appaiono inquadrabili in una categoria a sè stante, mancando l’animus donandi e trattandosi invece di una forma di adempimento di un’imposizione di diritto pubblico, cioè autoritativa.

3.4 In tale studio si ritiene altresì possibile estendere il discorso a tutti gli atti di trasferimento gratuiti a favore di Comuni in ambito urbanistico e cioè anche in procedimenti lottizzatori diversi dalla figura stereotipa delle lottizzazioni (ex art. 28 L.U. n. 1150/1942), ma conformi e congeniali alle sopravvenute e più recenti politiche di pianificazione dei territori. In proposito si ricorda che le convenzioni urbanistiche si configurano quali accordi sostitutivi, ex art. 11 L. n. 241/1990, di provvedimenti impositivi.

3.5 Nel medesimo studio si evidenzia apertamente che la norma soppressiva di precedenti esenzioni ed agevolazioni di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 23/11 non è applicabile ai casi in esame, trattandosi appunto in questi di “cessioni gratuite” mentre la medesima si riferisce espressamente e soltanto agli atti traslativi di beni immobili “a titolo oneroso”.

4. Conseguenze contrattuali e fiscali.

In relazione al caso specifico della futura cessione dell’impianto sportivo non di quartiere de quo, si può quindi fondatamente affermare quanto appresso.

4.1 La convenzione urbanistica dovrà anzitutto chiarire che la cessione in parola sarà sostitutiva dell’esecuzione di opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi contributi e quindi rientrerà nella figura giuridica delle cessioni a titolo gratuito in ambito urbanistico di pianificazione del territorio (cioè di diritto pubblico) quale forma di adempimento di un’imposizione ex lege ed inoltre dovrà, ad abundantiam, affermare che detta cessione avrà ad oggetto un’opera di urbanizzazione secondaria in senso tecnico giuridico, anche se non costituente un impianto sportivo di quartiere e quindi anche se per legge non necessariamente imputabile a scomputo degli oneri relativi.

4.2 Conseguentemente, sia nella convenzione che nell’atto di cessione si dovrà evidenziare l’applicabilità nella specie del cit. art. 51 della legge 21/11/2000 n. 342 che esclude dalla rilevanza IVA le cessioni gratuite ai Comuni sotto due distinti profili e cioè tanto per l’esecuzione di convenzioni di lottizzazione (come quella in oggetto) che per le opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri.

4.3 La soppressione di tutte le preesistenti esenzioni e le agevolazioni, di cui all’art. 10, comma 4, del D. Lgs. n. 23/11, riguarda solo gli atti traslativi a titolo oneroso di beni immobili e non invece la cessione de qua che va considerata a titolo gratuito, non versando il Comune nel caso in esame alcun corrispettivo negoziale, ma accettando l’adempimento di un’imposizione di diritto pubblico. Quindi tale soppressione qui non opera.

4.4 Non trattandosi di atto rilevante ai fini IVA ai sensi dell’art. 51 L.n. 342/00 cit., non sarà applicabile l’art. 40 del DPR n.131/1986 e quindi la futura cessione, non essendo a titolo oneroso, sarà soggetta non all’imposta proporzionale di registro (ora del 9%), che appunto concerne solo i trasferimenti onerosi, bensì a quella a tassa fissa di 200 euro, in quanto, ex art. 43 della stessa legge di registro (D.P.R. n. 131/1986) ed ex art. 1 della relativa Tariffa, la base imponibile in caso di trasferimento di immobili (rappresentata dal valore del bene) riguarda esclusivamente i contratti a titolo oneroso.

5. Possibili obiezioni e relative controdeduzioni

In merito a quanto precede si segnalano i seguenti elementi di criticità che potrebbero essere oggetto di discussione con il competente Ufficio imposte.

5.1 Si potrebbe infatti instaurare con l’Agenzia delle Entrate una discussione pregiudiziale sull’onerosità o meno della cessione in parola, in quanto il privato cedente, a dire dell’Ufficio, potrebbe trovare il corrispettivo nell’inserimento dei suoi interventi edilizi nel contesto urbano e quindi dei relativi servizi pubblici tutelati e procuratigli dal Comune.

Di contro si osserva e ribadisce però che si tratta di una datio in solutum concordata in sostituzione o in alternativa al pagamento in denaro degli oneri di urbanizzazione e non di un corrispettivo sinallagmatico contrattuale e quindi in realtà di un’imposizione a carico della parte privata, nell’ambito di un procedimento amministrativo finalizzato al razionale utilizzo del territorio. In altre parole, la convenzione urbanistica ed il conseguente contratto di trasferimento al Comune a titolo gratuito (ovvero non oneroso) costituiscono non già negozi giuridici a prestazioni corrispettive, ma contratti imposti, cioè stipulati in condizioni di disparità, che codificano solamente gli obblighi nascenti dalle regole urbanistiche, senza che si possa in alcun modo configurare un’autonomia contrattuale dei contraenti privati (v. ad es. in proposito: Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, Milano 1997, p.257). Risulta pertanto neutralizzabile la tesi dell’onerosità anche per il Comune del contratto di cessione (gratuita) in parola, onerosità che non può affatto farsi derivare (come qualcuno ha invece sostenuto) dallo scomputo degli oneri accordato in luogo del pagamento diretto. La datio in solutum sostituisce qui il pagamento dovuto per legge e non comporta alcun corrispettivo, né sacrificio da parte dell’Amministrazione che accettandola acquista appunto il bene senza alcuna controprestazione contrattuale. Il dare un bene anziché il pagare una somma da parte del solvens non comporta certo automaticamente e di per sé alcun apporto da parte dell’accipiens (ossia del Comune).

5.2 Altra obiezione potrebbe riguardare l’applicabilità nel nostro caso dell’art. 51 della legge n.342/2000, sostenendosi ex adverso che il presupposto della non rilevanza ai fini IVA è unico e consiste solitamente nella cessione di opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri di legge e non anche di cessioni gratuite di opere non elencate nell’art.16 del T.U. n.380/01, benchè previste in convenzioni urbanistiche. Si potrebbe infatti da parte avversa sostenere che, nonostante la norma indichi due possibili presupposti, in realtà si tratta di un’unica ipotesi, perché di solito gli immobili ceduti gratuitamente ai Comuni sono costituiti da aree od opere di urbanizzazione contemporaneamente tanto a scomputo di detti oneri, che in ambito di convenzioni urbanistiche.

A questo rilievo si replica osservando che il cit. art.51 distingue con la virgola dopo le parole “opere di urbanizzazione” e con una significativa ed inequivocabile “o” disgiuntiva, le due ipotesi ed inoltre che queste sono pure per legge non coincidenti. Invero lo scomputo delle opere pubbliche di urbanizzazione realizzate e cedute dai privati è possibile anche su richiesta unilaterale di questi accolta dal Comune col rilascio dei permessi di costruire (v. art.12, comma 2, del T.U. n.380/01 che prevede “l’impegno degli interessati di procedere all’attuazione delle medesime (opere di urbanizzazione primaria) contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso”). Inoltre le convenzioni urbanistiche contemplano a volte cessioni gratuite ai Comuni di beni immobili non strettamente qualificabili come opere di urbanizzazione a scomputo, quali ad esempio alloggi da concedere in locazione oppure i cosiddetti standard aggiuntivi o di qualità che con il loro costo superano di solito l’importo forfettario degli oneri di urbanizzazione e quindi già in partenza non si possono realisticamente considerare totalmente a scomputo. Pertanto è fondato affermare che l’irrilevanza ai fini IVA vale anche per la cessione a titolo gratuito in oggetto non soltanto per la qualificazione di questo quale opera di urbanizzazione secondaria in quanto destinata ad attività e manifestazioni di interesse pubblico, ma soprattutto e comunque in quanto cessione stabilita (in realtà imposta) in una convenzione urbanistica, nel contesto di un procedimento amministrativo come tale autoritativo e non paritetico.

5.3 Ai numerosi precedenti amministrativi e giurisprudenziali contrari alla tesi esposta, si può fondatamente opporre la differenza delle finalità del richiamato art.51 della legge n. 342/2000 e dell’art.16 del T.U. dell’edilizia. Il primo infatti si riferisce, ai fini fiscali ed in via generale, alle opere di urbanizzazione ammesse dai Comuni tanto per legge che per convenzione, mentre il cit. art.16, comma 8, ha per scopo evidente quello di precisare quali siano nel dettaglio le opere di urbanizzazione secondaria che i Comuni devono considerare nella quantificazione forfettaria degli oneri conseguenti da porre a carico di chi realizza interventi edilizi. Costituisce pertanto una forzatura limitare alla specifica valenza di quartiere dell’opera ceduta la peculiare regola tributaria basata invece sulla gratuità della cessione e sulla natura pubblicistica del rapporto tra le parti. Il comma 8 dell’art. 16 in esame riguarda le opere che possono essere considerate in sede di determinazione a priori dei contributi (oneri) di urbanizzazione, mentre il cit. art.51, riferendosi all’atto di cessione da tassare, concerne tutte le opere o i beni immobili che in concreto ed indipendentemente dalla loro consistenza l’Amministrazione Comunale ritiene di interesse pubblico e destina all’uso della collettività in genere, ed in tale prospettiva pone a carico della parte cedente, in luogo degli oneri di legge. Il fatto che siano opere considerate automaticamente oppure solo pattiziamente a scomputo non rileva; il più delle volte infatti il valore delle medesime supera l’importo degli oneri forfettizzati.

5.4 La richiamata interpretazione restrittiva dell’art. 51 della legge n.342/2000, praticata dagli Uffici fiscali e dalla giurisprudenza ma contraddetta dalla lettera della norma (v. al n.5.2), si basa sulla distinzione tra opere di urbanizzazione a scomputo (per legge) ed opere dello stesso tipo non a scomputo (anche se convenzionate), le quali ultime sarebbero soggette per i trasferimenti al regime IVA. Questa distinzione, o meglio contrapposizione, non tiene però conto che si tratta pur sempre di opere pubbliche e che le Amministrazioni, ai fini degli oneri, possono equiparare pattiziamente i due tipi. In proposito vale, a titolo di esempio assai significativo, quanto affermato in giurisprudenza (in un campo diverso ma con una chiara identità di fondo) relativamente all’art.32, comma 1, lettera g) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs.vo n.163/06). Tale disposizione, per i privati che aggiudicano in appalto l’esecuzione di opere di urbanizzazione, prevede l’obbligo di gara espressamente solo in caso di opere a scomputo, ma la Corte Costituzionale, con sentenza 28-3-06 n. 129, ha affermato l’illegittimità di un combinato disposto di una legge della Regione Lombardia nella parte in cui non prevedeva appunto l’obbligo di procedere ad evidenza pubblica in tutti i casi di accordi tra Comune e privati per opere di urbanizzazione e quindi anche non a scomputo di importo pari o superiore alla soglia comunitaria. La stessa Corte, con la sentenza 13-7-07 n.269 ha poi coerentemente dichiarato la legittimità costituzionale della disposizione di una Provincia autonoma che prevedeva invece detto obbligo per opere di tale natura non a scomputo di oneri ma necessarie per la successiva attuazione in loco del servizio pubblico aggiudicato al privato non espropriato.

Il TAR Milano, Sez.II, 4-12-07 n. 6541 a sua volta ha affermato che la realizzazione di opere di riqualificazione di un’area di un Piano Attuativo in variante è soggetta all’obbligo di gara, stante la natura pubblica dei relativi interventi e cioè indipendentemente dallo scomputo o meno degli oneri già scomputati. In argomento si ricorda pure la decisione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) del 2-4-08 n.4 che ha concluso per l’obbligo a carico dei privati di seguire le procedure ad evidenza pubblica anche per le urbanizzazioni non a scomputo per: a) il carattere sostitutivo degli interventi rispetto a quelli che altrimenti avrebbe dovuto far eseguire l’Amministrazione Comunale per realizzare opere comunque pubbliche; b) la previsione di queste nell’ambito di una programmazione urbanistica.

Per la già evidenziata identità di fondo delle due diverse normative considerate, il prospettato confronto induce ad equiparare, nei casi di convenzioni urbanistiche ad hoc, le opere a scomputo con quelle non a scomputo. Ciò quindi in ordine tanto all’obbligo dei privati di indire una gara per i relativi appalti, che per l’esonero dall’IVA dei trasferimenti ai Comuni che acquistano i beni dei privati con le dichiarate funzioni pubbliche previste con esplicite delibere e poi sancite nelle conseguenti convenzioni urbanistiche.

5.5 Ammesso (come si ritiene fondato) che ex art. 51 della cit. L.n. 342/00 le cessioni gratuite ai Comuni di aree e/o opere in esecuzione di convenzioni di lottizzazione oppure a scomputo degli oneri non rientrino nel campo IVA, si potrebbe obiettare da parte dell’Erario che nella specie si dovrebbe applicare a contrariis (ossia alla rovescia) l’art. 40 della legge di registro che sottopone alla sola tassa fissa gli atti in regime IVA. Non essendo cioè applicabile l’IVA, si dovrebbe allora pagare l’imposta di registro del 9% del valore del bene ceduto e non soltanto quella fissa di 200 euro.

Si è però già risposto a questa tesi, rilevando che il legislatore per le opere di urbanizzazione prevede espressamente le cessioni gratuite ai Comuni (v. art. 28 L.U. del 1942) e che la tassa di registro in misura proporzionale al valore dei beni immobili trasferiti è riferita esclusivamente ai contratti a titolo oneroso (art. 43 del DPR n.131/1986 e art.1 della relativa tariffa, già richiamati).

5.6 Le considerazioni sopra esposte inducono a confidare nella smentita dell’attuale orientamento degli Uffici e delle Commissioni Tributarie da parte della Suprema Corte di Cassazione.

Avv. Giuseppe Onofri

(luglio 2014)